mercoledì 3 novembre 2010

diritto internazionale

SENTENZA DELLA CORTE (GRANDE SEZIONE) 13 APRILE 2010

«Concessioni di servizi – Procedura di aggiudicazione – Obbligo di trasparenza – Ulteriore sostituzione di un subappaltante»
Nel procedimento C-91/08, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Landgericht Frankfurt am Main (Germania) con decisione 28 gennaio 2008, pervenuta in cancelleria il 28 febbraio 2008, nella causa Wall AG contro Stadt Frankfurt am Main, Frankfurter Entsorgungs- und Service (FES) GmbH, Deutsche Städte Medien (DSM) GmbH

LA CORTE dichiara
1) Qualora le modifiche apportate alle disposizioni di un contratto di concessione di servizi presentino caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle che abbiano giustificato l’aggiudicazione del contratto di concessione iniziale e siano, di conseguenza, idonee a dimostrare la volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali di tale contratto, devono essere concessi, conformemente all’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato, tutti i provvedimenti necessari per reintrodurre la trasparenza nel procedimento, ivi compresa anche la possibilità di un nuovo procedimento di aggiudicazione. All’occorrenza, il nuovo procedimento di aggiudicazione dovrà essere organizzato secondo modalità adeguate alle specificità della concessione di servizi di cui trattasi e permettere che un’impresa avente sede sul territorio di uno Stato membro possa avere accesso ad adeguate informazioni relative a detta concessione prima che essa sia aggiudicata.
2) Qualora un’impresa concessionaria concluda un contratto relativo a servizi rientranti nell’ambito della concessione affidatale da un ente locale, l’obbligo di trasparenza derivante dagli artt. 43 CE e 49 CE nonché dai principi della parità di trattamento e dal divieto di discriminazione in base alla nazionalità non si applica qualora tale impresa:
– sia stata costituita da detto ente locale allo scopo dell’eliminazione dei rifiuti e della pulizia della rete viaria, ma sia al tempo stesso attiva sul mercato; – sia detenuta dall’ente locale medesimo nella misura del 51%, ma le decisioni di gestione possano essere adottate soltanto a maggioranza dei tre quarti dei voti dell’assemblea generale di tale impresa;
– abbia soltanto un quarto dei membri del consiglio di vigilanza incluso il presidente, nominato dallo stesso ente locale, e
– tragga più della metà del proprio fatturato da contratti sinallagmatici relativi all’eliminazione dei rifiuti ed alla pulizia della rete viaria sul territorio di tale ente locale, contratti che quest’ultimo finanzi mediante imposte locali versate dai suoi amministrati.
3) Il principio della parità di trattamento e il divieto di discriminazione in base alla nazionalità, sanciti agli artt. 43 CE e 49 CE, nonché l’obbligo di trasparenza che ne deriva non impongono alle autorità nazionali di risolvere un contratto né ai giudici nazionali di concedere un’ingiunzione in ogni caso di asserita violazione di detto obbligo all’atto dell’aggiudicazione delle concessioni di servizi. Spetta all’ordinamento giuridico interno disciplinare le vie di ricorso idonee a garantire la salvaguardia dei diritti che i singoli possono vantare in base a tale obbligo in modo che tali vie di ricorso non siano meno favorevoli delle analoghe vie di ricorso di natura interna, né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio di tali diritti. L’obbligo di trasparenza deriva direttamente dagli artt. 43 CE e 49 CE, che hanno un effetto diretto negli ordinamenti giuridici interni degli Stati membri e prevalgono su qualsiasi disposizione contraria dei diritti nazionali.

SENTENZA DELLA CORTE (TERZA SEZIONE) 15 APRILE 2010

«Sesta direttiva IVA – Diritto alla detrazione dell’imposta versata a monte – Normativa nazionale che esclude il diritto alla detrazione per talune categorie di beni e di servizi – Facoltà per gli Stati membri di mantenere in vigore norme di esclusione del diritto alla detrazione vigenti al momento dell’entrata in vigore della sesta direttiva IVA – Modifica dopo l’entrata in vigore di detta direttiva»
Nei procedimenti riuniti C-538/08 e C-33/09, aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi) (C-538/08) e dal Gerechtshof Amsterdam (Paesi Bassi) (C-33/09) con decisioni, rispettivamente, 14 novembre 2008 e 20 gennaio 2009, pervenute in cancelleria il 4 dicembre 2008 e il 26 gennaio 2009, nelle cause X Holding BV, contro Staatssecretaris van Financiën e Oracle Nederland BV contro Inspecteur van de Belastingdienst Utrecht-Gooi
LA CORTE dichiara
1) L’art. 11, n. 4, della seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/228/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Struttura e modalità di applicazione del sistema comune di imposta sul valore aggiunto, e l’art. 17, n. 6, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla normativa tributaria di uno Stato membro che esclude la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto relativa alle categorie di spese concernenti, da un lato, la fornitura di un «mezzo di trasporto individuale», di «cibi», di «bevande», di un «alloggio», nonché «l’offerta di attività ricreative», ai membri del personale del soggetto passivo e, d’altro lato, la fornitura di «omaggi d’affari» o «di altre gratificazioni».
2) L’art. 17, n. 6, della sesta direttiva 77/388 deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale, adottata prima dell’entrata in vigore di detta direttiva, che prevede che un soggetto passivo possa detrarre l’imposta sul valore aggiunto versata in occasione dell’acquisto di taluni beni e servizi utilizzati in parte a fini privati e in parte a fini professionali non integralmente, ma solo proporzionalmente all’uso a fini professionali.
3) L’art. 17, n. 6, della sesta direttiva 77/388 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro, dopo l’entrata in vigore di detta direttiva, apporti ad un’esclusione del diritto a detrazione una modifica volta, in via di principio, a restringerne la portata, ma per cui non si può escludere che, in un singolo caso e per un determinato esercizio tributario, essa ampli la portata di detta esclusione, a causa del carattere forfettario del regime modificato.

SENTENZA DELLA CORTE (QUARTA SEZIONE) 15 APRILE 2010

«Direttiva 97/7/CE – Tutela dei consumatori – Contratti conclusi a distanza – Diritto di recesso – Addebito al consumatore delle spese di consegna dei beni»
Nel procedimento C-511/08, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesgerichtshof (Germania), con decisione 1° ottobre 2008, pervenuta in cancelleria il 25 novembre 2008, nella causa Handelsgesellschaft Heinrich Heine GmbH contro Verbraucherzentrale Nordrhein-Westfalen eV
LA CORTE dichiara
L’art. 6, nn. 1, primo comma, seconda frase, e 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che consente al fornitore, nell’ambito di un contratto concluso a distanza, di addebitare le spese di consegna dei beni al consumatore qualora questi eserciti il suo diritto di recesso.

SENTENZA DELLA CORTE (PRIMA SEZIONE) 15 APRILE 2010

«Tutela dei consumatori – Contratti negoziati fuori dei locali commerciali – Ambito di applicazione della direttiva 85/577/CEE – Adesione ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società di persone – Revoca»
Nel procedimento C-215/08, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesgerichtshof (Germania) con decisione 5 maggio 2008, pervenuta in cancelleria il 22 maggio 2008, nella causa E. Friz GmbH contro Carsten von der Heyden
LA CORTE dichiara
1) La direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, si applica ad un contratto, concluso in circostanze quali quelle della causa principale, che ha ad oggetto l’adesione di un consumatore ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società di persone qualora lo scopo di una tale adesione non sia in via prioritaria quello di divenire membro della società, bensì si tratti di un modo per investire capitali. 2) L’art. 5, n. 2, della direttiva 85/577 non osta, in circostanze quali quelle della causa principale, ad una norma nazionale in forza della quale, in caso di revoca dell’adesione ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società di persone, prestata a seguito di una vendita a domicilio non richiesta, il consumatore può invocare nei confronti di tale società, sul saldo di liquidazione, un diritto calcolato in funzione del valore della sua partecipazione al momento del suo recesso da tale fondo e, pertanto, può ottenere eventualmente la restituzione di un importo inferiore al suo conferimento ovvero può essere tenuto a partecipare alle perdite del detto fondo.

SENTENZA DELLA CORTE (TERZA SEZIONE) 15 APRILE 2010

«Libertà di stabilimento – Fiscalità diretta – Contributo alla formazione professionale – Base di calcolo del contributo a carico delle imprese stabilite nel territorio nazionale – Presa in considerazione degli oneri salariali dei lavoratori occupati in una succursale stabilita in un altro Stato membro – Doppia imposizione – Possibilità di ridurre l’importo lordo del contributo»
Nella causa C-96/08, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Pest Megyei Bíróság (Ungheria), con decisione 12 marzo 2007, pervenuta in cancelleria il 3 marzo 2008, nella causa CIBA Speciality Chemicals Central and Eastern Europe Szolgáltató, Tanácsadó és Keresdedelmi kft contro Adó- és Pénzügyi Ellenőrzési Hivatal (APEH) Hatósági Főosztály
LA CORTE dichiara
Gli artt. 43 CE e 48 CE ostano ad una normativa di uno Stato membro in forza della quale un’impresa la cui sede sociale è ubicata in tale Stato è obbligata a pagare un contributo come il contributo per la formazione professionale, il cui importo è calcolato sulla base dei suoi oneri salariali, comprensivi di quelli relativi ad una succursale di tale impresa stabilita in un altro Stato membro, se, in pratica, a una siffatta impresa viene impedito, con riferimento a tale succursale, di beneficiare delle possibilità previste da tale normativa di ridurre il detto contributo o di accedere a dette possibilità.

SENTENZA DELLA CORTE (SECONDA SEZIONE) 22 APRILE 2010

«Libera circolazione dei capitali – Artt. 56 CE e 58 CE – Imposta sulle donazioni – Terreno su cui è edificato un immobile – Diritto ad una deduzione dalla base imponibile – Trattamento diverso dei residenti e dei non residenti»
Nel procedimento C-510/08, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Finanzgericht Düsseldorf (Germania) con decisione 14 novembre 2008, pervenuta in cancelleria il 24 novembre 2008, nella causa Vera Mattner contro Finanzamt Velbert
LA CORTE dichiara
Il combinato disposto degli artt. 56 CE e 58 CE deve interpretarsi nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro, come quella di cui alla causa principale, la quale prevede, ai fini del calcolo dell’imposta sulle donazioni, che la deduzione dalla base imponibile in caso di donazione di un immobile situato nel territorio di tale Stato è inferiore quando il donatore ed il donatario risiedevano, alla data in cui è avvenuta la donazione, in un altro Stato membro, alla deduzione che sarebbe stata applicata se almeno uno di essi fosse stato residente, alla stessa data, nel primo Stato membro.

SENTENZA DELLA CORTE (QUARTA SEZIONE) 22 APRILE 2010

«Direttiva 2001/83/CE – Art. 94 – Incentivi finanziari a favore di ambulatori medici in cui si prescrivono taluni medicinali ai loro pazienti – Autorità pubbliche responsabili del settore sanitario – Medici – Libertà di prescrizione»
Nel procedimento C-62/09, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito), con decisione 4 novembre 2008, pervenuta in cancelleria il 13 febbraio 2009, nella causa The Queen, Association of the British Pharmaceutical Industry contro Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency, The NHS Confederation (Employers) Company Ltd,
LA CORTE dichiara
L’art. 94, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/27/CE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a regimi di incentivi finanziari, come quello di cui trattasi nella causa principale, istituiti dalle autorità nazionali responsabili della sanità pubblica per ridurre le loro spese in materia e diretti a favorire, ai fini del trattamento di talune patologie, la prescrizione, da parte dei medici, di medicinali specificamente designati contenenti un principio attivo diverso da quello del medicinale che era prescritto in precedenza o che avrebbe potuto esserlo in assenza di un siffatto regime di incentivi.

SENTENZA DELLA CORTE (TERZA SEZIONE) 29 APRILE 2010

«Direttiva 2002/46/CE – Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri per quanto riguarda gli integratori alimentari – Vitamine e minerali che possono essere utilizzati per la fabbricazione degli integratori alimentari – Quantità massime – Armonizzazione al livello dell’Unione – Insussistenza – Competenza degli Stati membri – Modalità da rispettare e criteri da prendere in considerazione per la fissazione di tali quantitativi – Normativa nazionale che fissa tali quantitativi – Fissazione di un quantitativo nullo»
Nel procedimento C-446/08, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Conseil d’État (Francia), con decisione 17 dicembre 2007, pervenuta in cancelleria il 9 ottobre 2008, nella causa Solgar Vitamin’s France, Valorimer SARL, Christian Fenioux, L’Arbre de Vie SARL, Source Claire, Nord Plantes EURL, RCS Distribution, Ponroy Santé, Syndicat de la Diététique et des Compléments Alimentaires contro Ministre de l’Économie, des Finances et de l’Emploi, Ministre de la Santé, de la Jeunesse et des Sports, Ministre de l’Agriculture et de la Pêche, Syndicat de la Diététique et des Compléments Alimentaires
LA CORTE dichiara
1) La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 10 giugno 2002, 2002/46/CE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli integratori alimentari, deve essere interpretata nel senso che, fatte salve le disposizioni del Trattato CE, gli Stati membri restano competenti ad adottare una disciplina relativa ai quantitativi massimi di vitamine e di minerali utilizzabili nella fabbricazione degli integratori alimentari nei limiti in cui la Commissione non abbia stabilito tali quantitativi in conformità all’art. 5, n. 4, di detta direttiva.
2) Oltre all’obbligo di osservare gli artt. 28 CE e 30 CE, gli Stati membri sono tenuti anche ad ottemperare agli elementi che figurano all’art. 5, nn. 1 e 2, della direttiva 2002/46, incluso il requisito di una valutazione dei rischi fondata su dati scientifici generalmente riconosciuti, all’atto di fissare i quantitativi massimi di vitamine e di minerali utilizzabili nella fabbricazione degli integratori alimentari, in attesa che la Commissione stabilisca tali quantitativi ai sensi del n. 4 di detto art. 5.
3) La direttiva 2002/46 deve essere interpretata nel senso che, in una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale, in cui all’atto della fissazione del quantitativo massimo di un minerale utilizzabile nella fabbricazione degli integratori alimentari sia impossibile calcolare con precisione gli apporti di detto minerale provenienti da altre fonti alimentari, e nei limiti in cui la Commissione europea non abbia stabilito i quantitativi massimi di vitamine e di minerali utilizzabili nella fabbricazione degli integratori alimentari in conformità all’art. 5, n. 4, di detta direttiva, uno Stato membro, se esiste il rischio probabile che tali apporti raggiungano i limiti massimi tollerabili stabiliti per il minerale di cui trattasi e fatta salva l’osservanza degli artt. 28 CE e 30 CE, può fissare tale quantitativo massimo ad un valore nullo senza fare ricorso alla procedura prevista all’art. 12 della stessa direttiva.
4) L’art. 5 della direttiva 2002/46 deve essere interpretato nel senso che la circostanza che un’etichettatura adeguata possa dissuadere il gruppo di consumatori cui è rivolta dall’avvalersi di un nutriente benefico per esso a basso dosaggio non costituisce un elemento pertinente a fissare i quantitativi massimi di vitamine e di minerali utilizzabili nella fabbricazione degli integratori alimentari. La considerazione della differenza dei livelli di sensibilità di diversi gruppi di consumatori può permettere ad uno Stato membro di applicare alla totalità della popolazione siffatto quantitativo massimo adatto ad un gruppo di consumatori specifico, come quello dei bambini, soltanto se tale misura è circoscritta a quanto necessario per garantire la tutela della salute delle persone che appartengono a tale gruppo e se siffatta misura è proporzionata all’obiettivo da essa perseguito, ove quest’ultimo non può essere raggiunto con misure meno restrittive degli scambi interni all’Unione europea, cosa che spetta al giudice del rinvio verificare. 5) La direttiva 2002/46 deve essere interpretata nel senso che osta alla fissazione di quantitativi massimi di vitamine e di minerali utilizzabili per la fabbricazione degli integratori alimentari allorché, in assenza di un pericolo probabile per la salute delle persone, non sono stati stabiliti limiti massimi tollerabili per tali vitamine e tali minerali, a meno che siffatta misura non sia giustificata in forza del principio di precauzione, qualora tale valutazione scientifica dei rischi riveli che l’incertezza persiste con riferimento all’esistenza o alla portata di rischi reali per la salute. Dopo che sono stati stabiliti tali limiti massimi, la possibilità di stabilire siffatti quantitativi massimi ad un livello sensibilmente inferiore a quello di detti limiti non può essere esclusa qualora la fissazione di tali quantitativi massimi possa essere giustificata con la considerazione degli elementi che compaiono all’art. 5, nn. 1 e 2, della direttiva 2002/46 ed essa sia conforme al principio di proporzionalità. Tale valutazione spetta al giudice del rinvio e deve essere effettuata caso per caso.

SENTENZA DELLA CORTE (QUARTA SEZIONE) 29 APRILE 2010

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive nei confronti di persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al- Qaeda e ai Talibani – Congelamento di capitali e di risorse economiche – Regolamento (CE) n. 881/2002 – Art. 2, n. 2 − Divieto di mettere capitali a disposizione delle persone elencate nell’allegato I di tale regolamento – Portata – Prestazioni previdenziali o assistenziali concesse alla moglie di una persona elencata nel citato allegato I»
Nel procedimento C-340/08, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla House of Lords (Regno Unito) con decisione 30 aprile 2008, pervenuta in cancelleria il 23 luglio 2008, nella causa The Queen, M e altre, contro Her Majesty’s Treasury
LA CORTE dichiara
L’art. 2, n. 2, del regolamento (CE) del Consiglio 27 maggio 2002, n. 881, che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani e abroga il regolamento (CE) del Consiglio n. 467/2001 che vieta l’esportazione di talune merci e servizi in Afghanistan, inasprisce il divieto dei voli e estende il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nei confronti dei Talibani dell’Afghanistan, come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 27 marzo 2003, n. 561, deve essere interpretato nel senso che tale disposizione non si applica alle prestazioni previdenziali o assistenziali versate dallo Stato alla moglie di una persona designata dal comitato creato in applicazione del paragrafo 6 della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1267 (1999) ed elencata nell’allegato I del citato regolamento, come modificato, per la sola ragione che tale moglie convive con detta persona designata e che essa destinerà o potrà destinare una parte di tali prestazioni all’acquisto di beni e di servizi che anche tale persona designata consumerà o di cui anch’essa beneficerà.

SENTENZA DELLA CORTE (TERZA SEZIONE) 29 APRILE 2010

«Codice doganale comunitario – Artt. 202, 215, nn. 1 e 3, 217, n. 1, e 233, primo comma, lett. d) – Nozione di merci “sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate” – Regolamento di applicazione del codice doganale – Art. 867 bis – Direttiva 92/12/CEE – Artt. 5, nn. 1 e 2, 6, 7, n. 1, 8 e 9 – Sesta direttiva IVA – Artt. 7, 10, n. 3, e 16, n. 1 – Introduzione irregolare di merci –Trasporto di merci accompagnate da un carnet TIR – Sequestro e distruzione – Determinazione dello Stato membro in cui sorge l’obbligazione doganale e diventano esigibili i diritti di accisa, nonché l’IVA – Estinzione delle obbligazioni doganali e tributarie»
Nel procedimento C-230/08, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Østre Landsret (Danimarca) con decisione 20 maggio 2008, pervenuta in cancelleria il 28 maggio 2008, nella causa Dansk Transport og Logistik contro Skatteministeriet
LA CORTE dichiara
1) Le situazioni nelle quali le merci trattenute all’atto della loro introduzione nel territorio doganale comunitario dalle autorità doganali e tributarie locali nella zona nella quale si trova il primo ufficio doganale situato alla frontiera esterna della Comunità e contemporaneamente o successivamente distrutte dalle dette autorità, dopo essere rimaste sempre in loro possesso, rientrano nella nozione di merci «sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate» di cui all’art. 233, primo comma, lett. d), del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario, nella versione modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 13 aprile 1999, n. 955, con la conseguenza che l’obbligazione doganale si estingue in forza di tale disposizione. 2) Gli artt. 5, n. 1, terzo comma, e 6, n. 1, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, come modificata dalla direttiva del Consiglio 30 novembre 1996, 96/99/CE, devono essere interpretati nel senso che merci sequestrate da autorità doganali e tributarie locali all’atto della loro introduzione nel territorio della Comunità e contemporaneamente o successivamente distrutte da tali autorità, senza aver mai cessato di essere in loro possesso, debbono considerarsi non importate nella Comunità, con la conseguenza che il fatto generatore dell’accisa non sorge nei loro confronti. Le merci sequestrate dopo la loro irregolare introduzione in tale territorio, cioè a partire dal momento in cui hanno lasciato la zona nella quale si trova il primo ufficio doganale ubicato all’interno del detto territorio, e contemporaneamente o successivamente distrutte dalle dette autorità senza aver mai cessato di essere in loro possesso non debbono considerarsi «in sospensione dei diritti di accisa», ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 5, n. 2, primo comma, e 6, n. 1, lett. c), della detta direttiva nonché degli artt. 84, n. 1, lett. a), e 98 del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 955/99, e dell’art. 867 bis del regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni di applicazione del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 28 luglio 1999, n. 1662, con la conseguenza che il fatto generatore dell’accisa su tali merci si verifica e quindi diventano esigibili le accise sulle medesime. 3) Gli artt. 2, punto 2, 7 e 10, n. 3, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1997, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva del Consiglio 22 ottobre 1999, 1999/85/CE, devono essere interpretati nel senso che le merci sequestrate dalle autorità doganali e tributarie locali all’atto della loro introduzione nel territorio della Comunità e contemporaneamente o successivamente da esse distrutte, senza aver mai cessato di essere in loro possesso, debbono considerarsi non importate nella Comunità, con la conseguenza che nei loro confronti non si è verificato il fatto generatore dell’imposta sul valore aggiunto e tale imposta non diventa pertanto esigibile. Tuttavia, il combinato disposto degli artt. 10, n. 3, secondo comma, e 16, n. 1, parte B, lett. c), della detta direttiva nonché dell’art. 867 bis del regolamento n. 2454/93, come modificato dal regolamento n. 1662/1999, debbono essere interpretati nel senso che per le merci sequestrate dalle dette autorità dopo la loro irregolare introduzione nel detto territorio, cioè a partire dal momento in cui hanno lasciato la zona nella quale si trova il primo ufficio doganale ubicato all’interno del detto territorio, e contemporaneamente o successivamente distrutte dalle predette autorità senza aver mai cessato di essere in loro possesso, il fatto generatore dell’imposta sul valore aggiunto si verifica e tale imposta diventa esigibile anche se le merci di cui trattasi vengono successivamente assoggettate ad un regime doganale. 4) Gli artt. 202, 215, nn. 1 e 3, e 217 del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 955/1999, nonché gli artt. 7, n. 2, e 10, n. 3, della sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 1999/85, devono essere interpretati nel senso che le autorità dello Stato membro situato alla frontiera esterna della Comunità attraverso la quale sono state irregolarmente introdotte merci nel territorio doganale comunitario sono competenti a riscuotere l’obbligazione doganale e l’imposta sul valore aggiunto anche se tali merci sono state successivamente instradate in un altro Stato membro dove sono state scoperte e quindi sequestrate. Gli artt. 6, n. 1, e 7, n. 1, della direttiva 92/12, come modificata dalla direttiva 96/99, devono essere interpretati nel senso che le autorità di quest’ultimo Stato membro sono competenti a riscuotere i diritti di accisa, sempreché tali merci siano detenute a fini commerciali. Spetta al giudice del rinvio stabilire se tale condizione sia soddisfatta nella causa per la quale è stato adito.

SENTENZA DELLA CORTE (TERZA SEZIONE) 29 APRILE 2010

«Rinvio pregiudiziale – Regolamenti (CEE) nn. 3820/85 e 3821/85 – Trasporti su strada – Obbligo di iscrizione – Periodi di riposo e altri tempi di lavoro – Tempo trascorso per recarsi nel luogo di presa in consegna di un veicolo munito di un apparecchio di controllo – Nozione di “sede dell’azienda”»
Nel procedimento C-124/09, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Raad van State (Paesi Bassi) con decisione 25 marzo 2009, pervenuta in cancelleria il 3 aprile 2009, nella causa Smit Reizen BV contro Minister van Verkeer en Waterstaat
LA CORTE dichiara
1) La nozione di «sede dell’azienda», che figura ai punti 21 e seguenti della sentenza 18 gennaio 2001, causa C-297/99, Skills Motor Coaches e a., dev’essere definita come la concreta sede del conducente, vale a dire l’infrastruttura dell’impresa di trasporto a partire dalla quale egli effettua di regola il suo servizio e alla quale ritorna al termine dello stesso, nell’ambito del normale esercizio delle sue funzioni e senza seguire particolari istruzioni del suo datore di lavoro.
2) Il fatto che il conducente interessato guidi personalmente sino al luogo in cui deve prendere in consegna un veicolo munito di un apparecchio di controllo, ovvero vi si faccia trasportare da qualcun altro, non ha alcun rilievo per la qualificazione del periodo di trasferimento ai fini della nozione di «riposo» ai sensi dell’art. 1, punto 5, del regolamento (CEE) del Consiglio 20 dicembre 1985, n. 3820, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada.

Anno 2010
gennaio
febbraio
marzo
aprile
Anno 2009
Anno 2008
Anno 2007

Nessun commento:

Posta un commento